31 agosto 2009

Il giovane "nerd" della PlayStation, da "LaStampa" 30-08-2009

Ha 34 anni ed è torinese uno dei creatori dei più noti videogiochi:
E' MAZZA!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

MARCO ACCOSSATO
TORINO
Il suo primo ricordo davanti a un videogioco da bar risale al 1978. Aveva 3 anni: «Mio nonno mi aiutava a salire su una pedana; dovevo sparare a soldati e carri armati ed evitare ambulanze e barellieri, premendo un grilletto che mi sembrava immenso».

Suo padre, ingegnere elettronico, ha alimentato in lui il gusto di scoprire come funzionano le cose. Di andare oltre, accettare le sfide. «Un giorno, quando avevo 8 anni, si ruppe una porta del Commodore a cui era collegato il joystick: anziché spedirlo in assistenza, ci mettemmo insieme a riprogrammare il computer per passare il collegamento a un’altra porta. E ci riuscimmo».

Se la sorte di un uomo può dipendere da una passione infantile, la storia di Marco Mazzaglia, 34 anni, è un emblema. Torinese, laurea in Scienze dell’informazione presso il dipartimento di Informatica, gestisce i sistemi per la creazione di videogames nella principale azienda italiana di sviluppatori, la Milestone di Milano. Pc Games, PlayStation, Psp, Xbox, Nintendo Wii: non c’è vero appassionato di giochi su computer e avventure online che non si sia cimentato in una competizione «disegnata» e messa a punto anche da lui. L’ultimo gioco nato anche dalla sua esperienza si chiama Superstar Racin 8, gara tra piloti di tutto il mondo: 5 livelli di difficoltà, 6 modalità di gioco, da uno a dodici giocatori in multiplayer online. Adrenalina pura. Piloti al volante di 19 auto su dieci differenti tracciati.

E’ il divertimento l’obiettivo del suo lavoro. Divertimento altrui: «Ciascun giocatore però - dice - lo raggiunge secondo abilità diverse». Ecco il compito di chi crea giochi virtuali: «Appassionare il bambino meno esperto come chi è in grado di affrontare le simulazioni più estreme».

Creare un gioco richiede almeno due anni di lavoro, a passi di «demo». Per aggiornare un prodotto di successo si impiega poco meno: un anno e mezzo per mettere a punto nuovi team, nuove tute, nuovi effetti sonori, nuove regole di un gioco. Marco Mazzaglia e il team dell’azienda milanese trasformano un’idea in simulazione della realtà, cominciando dalle regole di una sfida, elaborando i codici che produrranno i movimenti di oggetti e protagonisti, fino a perfezionare i meccanismi che consentono a più partecipanti di sfidarsi in rete, su diversi computer, nella stessa città come dall’altra parte del mondo.

«Per chi lavora in questo mondo, la passione è la prima regola, è la base per creare un buon clima fra colleghi e anche per superare i momenti di tensione o di superlavoro». Non si ha idea dello sforzo necessario per creare un disco da inserire nel computer o nella console.

«Fin da piccolo - racconta Mazzaglia - sono stato attratto dal potere dell’intelligenza artificiale, dall’informatica teorica e dalle reti». Nel ’96, insieme ad alcuni amici, Mazzaglia ha creato a Torino una cooperativa senza fini di lucro, «La Bussola», con l’obiettivo di aiutare altri enti senza fini di lucro a sfruttare le potenzialità di Internet. «Fra le molte cose fatte all’epoca - ricorda con orgoglio - abbiamo trasmesso la prima messa online del Papa».

Prima di questa avventura, finita da poco l’università, ha lavorato in un’azienda di Leini che elabora sistemi di navigazione satellitare per la gestione di flotte. Un programma usato dalle forze dell’ordine per visualizzare su una mappa elettronica la posizione di gazzelle e pantere dei carabinieri e della polizia. «Poi, una sera di settembre, sfogliando un sito, ho trovato un’offerta di lavoro attraente e ho mandato una richiesta». Dal gennaio 2008 è pendolare fra Torino e Milano, impiegato alla Milestone: 80 dipendenti, quattro giochi di successo negli ultimi due anni.

Da quella battaglia contro soldati e carri armati sono passati più di trent’anni. Mazzaglia ha lavorato con Mike Montgomery, guru dei videogiochi.

«Sono sufficientemente nerd», sorride. Ma giura: «Non rinuncerei agli amici per una serata di videogiochi». Ama l’Irlanda, la letteratura francese e per quattro anni è stato attore di teatro amatoriale («Mi piacerebbe riprendere»). E a chi gli chiede se non si sente colpevole delle tante ore passate da troppi ragazzini di fronte a un video risponde: «Il videogioco è un passatempo, uno strumento: attraverso una sfida si possono trasmettere messaggi positivi». Non tutto è futile: «Ci sono giochi dove violenza e guerra producono soltanto altra violenza e altra guerra, e la sopraffazione perde sempre».